
Nel contesto delle attività economiche e commerciali in Italia, il tema dei pagamenti in contanti è da sempre centrale sia per cittadini che per imprese. Il limite massimo consentito per i pagamenti in contanti rappresenta uno degli strumenti principali adottati dal legislatore per contrastare l’evasione fiscale, il riciclaggio di denaro e per favorire la tracciabilità delle transazioni. Nel 2024, la normativa che disciplina il limite all’uso del contante ha subito alcune modifiche rilevanti, con importanti conseguenze pratiche per chi opera nel mondo degli affari. In questo articolo analizziamo in dettaglio cosa prevede la legge, quali sono le soglie fissate, le eccezioni, le sanzioni previste e le implicazioni per imprese, professionisti e privati cittadini.
Il nuovo limite per i pagamenti in contanti nel 2024
Il limite massimo per i pagamenti in contanti in Italia è stato oggetto di numerosi interventi legislativi negli ultimi anni, con abbassamenti e rialzi che hanno generato non poca confusione tra operatori economici e consumatori. A partire dal 1° gennaio 2023, la soglia era stata innalzata a 5.000 euro, secondo quanto previsto dalla Legge di Bilancio 2023. Questo limite è rimasto confermato anche per il 2024.

Ciò significa che, nel 2024, è vietato effettuare trasferimenti di denaro contante tra soggetti diversi per importi pari o superiori a 5.000 euro. Il divieto riguarda sia i pagamenti tra privati che quelli tra aziende o tra aziende e privati. La soglia si applica anche ai pagamenti rateali: se il pagamento complessivo supera il limite, non è possibile suddividerlo in più rate in contanti per eludere la norma.
Il legislatore mira così a favorire la tracciabilità dei flussi finanziari, incoraggiando l’uso di strumenti di pagamento elettronici come bonifici bancari, carte di credito, bancomat o assegni non trasferibili. È importante sottolineare che la soglia riguarda la singola operazione, ma anche operazioni frazionate che appaiono artificiosamente suddivise per aggirare il limite.
Cosa dice la legge: riferimenti normativi e soggetti coinvolti
La disciplina dei limiti all’uso del contante è contenuta principalmente nell’articolo 49 del Decreto Legislativo n. 231/2007, che recepisce le direttive europee in materia di antiriciclaggio. Questo articolo stabilisce che “è vietato il trasferimento di denaro contante o di titoli al portatore in euro o in valuta estera, effettuato a qualsiasi titolo tra soggetti diversi, quando il valore oggetto del trasferimento, anche frazionato, è complessivamente pari o superiore a 5.000 euro”.

I soggetti coinvolti sono tutti: privati cittadini, imprese, professionisti, commercianti, artigiani, associazioni e enti. La norma si applica a qualsiasi tipo di pagamento, sia per acquisto di beni che per la prestazione di servizi. Non fanno eccezione nemmeno i regali di denaro, le donazioni o i prestiti tra parenti e amici, se superano la soglia prevista.
Il limite non riguarda solo il pagamento di una singola fattura, ma qualsiasi trasferimento di denaro tra soggetti diversi. Le banche, i notai e altri intermediari finanziari sono tenuti a segnalare operazioni sospette o che superano la soglia, nell’ambito degli obblighi di antiriciclaggio.
Eccezioni, deroghe e modalità di pagamento alternative
Nonostante la regola generale, la normativa prevede alcune eccezioni. Ad esempio, il limite non si applica ai prelievi e ai versamenti effettuati dal titolare sul proprio conto corrente bancario o postale, poiché non si tratta di trasferimenti tra soggetti diversi ma di movimentazioni interne. Allo stesso modo, non sono soggetti al limite i pagamenti effettuati tra soggetti che appartengono allo stesso nucleo familiare e che non costituiscono un reale trasferimento di ricchezza.

Per quanto riguarda le modalità di pagamento alternative, la legge indica chiaramente che per importi superiori a 5.000 euro occorre utilizzare strumenti tracciabili, come bonifici bancari o postali, assegni bancari o circolari non trasferibili, carte di pagamento elettroniche. Gli assegni bancari devono riportare la clausola “non trasferibile” per importi pari o superiori a 1.000 euro, mentre quelli inferiori possono essere emessi in forma libera.
Un’altra eccezione riguarda i cambiavalute e le operazioni di rimessa di denaro, che seguono regole specifiche stabilite da Banca d’Italia. Inoltre, per alcune categorie di soggetti, come turisti stranieri provenienti da paesi extra-UE, sono previste deroghe temporanee che consentono pagamenti in contanti fino a 15.000 euro per l’acquisto di beni e servizi presso operatori autorizzati, a condizione che vengano rispettati determinati adempimenti burocratici e di identificazione.
Sanzioni e controlli: cosa rischia chi viola il limite
Il rispetto del limite per i pagamenti in contanti è oggetto di controlli da parte dell’Agenzia delle Entrate, della Guardia di Finanza e dell’Unità di Informazione Finanziaria (UIF). Le sanzioni per chi viola la normativa sono particolarmente severe e sono state ulteriormente irrigidite negli ultimi anni.

In caso di trasferimento di contante sopra la soglia di 5.000 euro, sia il soggetto che effettua il pagamento sia chi lo riceve sono responsabili e possono essere sanzionati. La sanzione amministrativa pecuniaria va da un minimo di 1.000 euro fino al 40% dell’importo trasferito in violazione della norma, con un minimo di 3.000 euro per le infrazioni superiori a 250.000 euro. In caso di recidiva o di violazioni particolarmente gravi, possono essere applicate sanzioni accessorie e segnalazioni alle autorità competenti.
Le sanzioni sono applicabili anche ai professionisti (notai, avvocati, commercialisti) che non segnalano operazioni sospette o che non rispettano gli obblighi di adeguata verifica della clientela. Le autorità possono effettuare controlli sia su segnalazione che d’ufficio, incrociando i dati delle transazioni bancarie, delle fatture e dei registri contabili.